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Michel Godard racconta il suo incontro con Castel del Monte [video]

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Michel Godard

Incontriamo Michel Godard in un pomeriggio di settembre a Ruvo di Puglia, durante i preparativi per la performance che eseguirà da li a poco in trio con Giacomo Desiante e Pino Basile, nella giornata conclusiva del Talos Festival.

Lo avviciniamo – un po’ intimoriti vista la fama del personaggio – e ci presentiamo, spiegando il motivo della nostra presenza. Appena nominiamo Castel del Monte gli si illuminano gli occhi: accetta con entusiasmo di raccontarci la sua esperienza, solo, dobbiamo aspettare che finisca il concerto e la successiva esibizione prevista all’ex Monastero dei Benedettini (il saggio finale della Master Class che il musicista ha coordinato durante la settimana del Festival).

Figuriamoci se perdiamo l’occasione. Michel Godard è un musicista di caratura internazionale, uno dei massimi solisti di tuba e probabilmente l’unico di serpentone (il progenitore della tuba), tanto nel jazz quanto nelle musiche improvvisate. La sua tecnica sbalorditiva unita a una musicalità lieve e raffinata gli hanno permesso di rendere etereo il suono grave di questi strumenti e di adattarlo ai più vari contesti, dalla musica antica a quella classica – suona e registra con numerose prestigiose formazioni come l’Orchestre Philarmonique de Radio France e l’Orchestre National de France – fino al jazz.

Nelle presentazioni, notiamo come il suo nome venga inevitabilmente legato a Castel del Monte: nel maniero federiciano infatti, Godard ha registrato ben due album, nel 2000 e nel 2002. Un’esperienza che ha suggellato il profondo legame affettivo con la Puglia, terra in cui il musicista ha dichiarato di “sentirsi particolarmente bene, senza un vero motivo” e dove gli “piacerebbe vivere”.

Ed è il motivo per cui abbiamo voluto incontrarlo: scoprire quanto e in che modo l’esperienza a Castel del Monte abbia inciso sul suo percorso musicale e di vita. Le due ore di concerto volano via in fretta, complice la leggerezza con cui Godard esegue un repertorio godibilissimo, in cui mescola sapientemente genere diversi e apparentemente lontani tra loro. Al termine ci invita nel suo camerino e ci ringrazia per la pazienza avuta. Il maestro si rivela essere persona di grande garbo e disponibilità, si informa sul nostro progetto e si complimenta per l’iniziativa. Poi, comincia a parlare di Castel del Monte e ci racconta di ambientazioni sonore, riverberi unici, imprevisti atmosferici, registrazioni notturne, suggestioni personali, incontri che cambiano la vita, improvvisazione jazz, contaminazioni culturali, percorsi musicali.

La parola chiave che più volte viene ripetuta è «energia del luogo». L’impressione è che Gorard non abbia suonato nel ma con Castel del Monte. Descrive posti in cui si libera un’energia che non è una semplice risposta acustica all’esecuzione musicale, ma una componente aggiuntiva, attiva, ispirante. Per alcuni musicisti è stata una vera rivelazione, un amore a prima vista; altri sono rimasti indifferenti, come se questo magnetismo fosse indirizzato solo a pochi eletti con l’animo disposto ad accoglierlo.

Si ha l’impressione che questa esperienza sia stata una vera e propria iniziazione – senza nessuna implicazione esoterica, sia chiaro - tanto che sorge spontaneo un dubbio: è Michel Godard che ha scelto Castel del Monte o Castel del Monte che ha scelto lui?

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