La saggezza della pergamena
Elisa Rossi ci segnala questo suggestivo testo, tratto dal libro Lo scriba di Casole di Raffaele Gorgoni:
Sono sempre stato convinto che la pergamena resta la sede della vera saggezza.
So bene che questa è una mia fissazione e che dai torchi ormai viene meglio pressata la carta, ma la pergamena resiste nel tempo, sopporta raschiature e riscritture, è infedele al testo, accetta la correzione fino all’erranza, si sottopone di buon grado alla metempsicosi dei saperi. I testi passano e lei resta disponibile a riceverne altri senza discriminazioni. Dove è stato vergato un testamento può trovare ospitalità un salmo. Sempre lbera, vagamente carica di ricordi, di tracce più o meno visibili, di lettere più o meno antiche, la pergamena passa di mano in mano in una giovinezza che mi appare eterna.
Di contro la carta può accogliere, nella sua breve vita, solo un testo. Tra la grafia o le impronte dei caratteri e ciò su cui si appoggiano c’è un legame di fedeltà assoluta e nessuna di queste cose sopravvive all’altra. C’è qualcosa di ultimativo nella scrittura e nella stampa su carta che mi inquieta.
A Casole la carta si usava per le scritture vili: appunti, bozze, brutte copie. I miei maestri mi avevano insegnato che un re di Sicilia, Ruggiero, aveva proibito l’uso della carta per i documenti ufficiali e la stessa cosa aveva fatto il Grande Federico per gli atti pubblici. Entrambi si fidavano soltanto della pergamena. Un supporto eterno ma dotato dell’astuto pregio di consentire di cambiare idea.